Il Corriere della Sera è tornato a interessarsi di Heidegger. Lo fa con un titolo a nove colonne in cui Heidegger è definito “genio razzista impenitente” (scarica qui il paginone). Sotto il titolo, l’immancabile foto con le croci uncinate (ma quante volte l’abbiamo vista? Un giorno il titolare dei diritti si farà vivo, e allora saranno guai per le traballanti casse dei giornali…) e, in alto, un’immagine del giovane Hitler e la notizia del ritrovamento di suoi memorabilia. Tanto per restare in tema.
L’occasione – si fa per dire – è l’uscita di un libro che si intitola Heidegger [cioè]: l’introduzione del nazismo nella filosofia [sic]. Il Corriere pubblica un ampio estratto dell'”opera” e ne sposa integralmente le “tesi” nei titoli e nei sommari.
Che cosa sostiene l’autore di questo libro? Semplicemente questo: che tutta l’opera di Heidegger – ma proprio tutta, dalla prima all’ultima riga – null’altro è se non una nascosta esaltazione del nazismo in tutti i suoi più aberranti aspetti: razzismo, antisemitismo, violenza, sterminio. L’introduzione del nazismo nella filosofia, appunto.
Non è la prima volta che un giornale, senza porsi troppe domande, dà credito alle tesi più bizzarre su “Heidegger e il nazismo”. Il Libro bianco ne dà ampia documentazione. E tuttavia rimane qualche domanda. Ad esempio, non riusciamo a comprendere perché mai Heidegger dovesse ricorrere a sotterfugi e depistaggi per celebrare l’ideologia nazista, celando con cura il suo razzismo e il suo antisemitismo in missive private o sotto una coltre di ragionamenti che sembrano dire il contrario. E ciò proprio durante il nazismo, quasi non fosse quello il momento più opportuno per dar loro pubblicamente sfogo. Né riusciamo a comprendere come mai, tra tutti i suoi uditori e lettori – fossero anche dei tipi svegli come Hannah Arendt o Jean Beaufret o Raimon Panikkar -, non ce n’è uno che abbia scorto la minima traccia di “nazismo” nelle sue lezioni, nei suoi seminari e nelle sue conferenze. Tutti plagiati e ignari succubi del suo “doppio gioco”? Oppure complici consapevoli del complotto negazionista? Forse, erano semplicemente degli uditori e dei lettori. Capaci di intendere nel loro giusto senso frasi come questa (dal corso Nietzsches Metaphysik, 1941/42):
Nur wo die unbedingte Subjektivität des Willens zur Macht zur Wahrheit des Seienden im Ganzen wird, ist das Prinzip der Einrichtung einer Rassenzüchtung, d.h. nicht bloße aus sich wachsende Rassenbildung, sondern der sich selbst wissende Rassengedanke möglich und d.h. metaphysisch notwendig. (Gesamtausgabe, Bd 50, p. 56-57)
Solo lì dove l’incondizionata soggettività della volontà per la potenza diviene verità dell’essere dell’essente nella sua sfera d’integrità, diviene attendibile, e dunque metafisicamente stringente, il principio sul quale si instaura una selezione razziale, e cioè non la semplice formazione di una razza che cresce e si sviluppa a partire dall’indole propria, bensì un pensiero, scientemente consapevole di sé, della razza.
“Solo lì…”, ovvero: nell’estrema devastazione del senso dell’essere, e dell’ente ridotto a “centro della potenza”.
Scarica qui la pagina del Corriere.
Per vedere alcuni esempi di “introduzione del nazismo nella filosofia” si legga qui, qui e qui
Infine, si vedano qui alcune testimonianze di studenti di Heidegger.