Oggi finisce l’anno del bicentenario della poesia “idillica” intitolata L’infinito — almeno secondo i calcoli degli storici della letteratura, i quali poi giustamente ricordano come il termine «idillio» fosse stato abbandonato dal poeta a partire dalla prima stampa fiorentina dei Canti. Tuttavia, è necessario — per il colloquio del pensare con il poetare — che questa denominazione sia conservata. Il saggio di Gino Zaccaria tenta di mostrare tale necessità, muovendo dal chiarimento della stessa parola «idillio» in quanto «fuga di figure che, nel suo canto, serba memoria della piccolezza dell’uomo».
«Quando egli (…) stupisce della sua piccolezza, e profondamente sentendola e intentamente riguardandola, si confonde quasi col nulla, e perde quasi se stesso nel pensiero della immensità delle cose…» (Zibaldone 3171)
Paul Klee, Vor dem Blitz (1923)